Questo è un mondo strano, un mondo in trasformazione, senza
dubbio; in cui la modernità progredisce con illogica anarchia: a macchia di
leopardo, si direbbe, senza una vera costante che dia coesione al tutto. Ecco
quindi che, oggigiorno, viaggiare da Roma a Madrid, da Milano a Parigi, da Napoli
a Monaco sia più veloce ed economico che avventurarsi per la più vicina
provincia. Gli scambi crescono, forse, tra le grandi capitali: ecco quindi che
la grande poesia, l’unica che ancora un po’ si legga, e che ancora abbia
mercato, sia quella dei classici, ma soprattutto degli stranieri. Invece, se si
ha la fortuna, ma anche la sfortuna di vivere ed operare qualche chilometro più
a sud di una capitale, mettiamo Roma, ecco quindi che gli sforzi si
moltiplicano per poter salire sul treno della grande poesia europea.
Colpa di una liberalizzazione selvaggia delle merci, dei
capitali, ma anche delle persone, delle cose, delle idee. Certo la rete aiuta,
ma da sola non basta. Ugo Magnanti con L’edificio fermo, pubblicato da FusibiliaLibri,
Vetralla, 2015, si presenta, a noi lettori, come uno dei poeti più interessanti della “nuova
ondata” della Scuola Romana di Poesia. E lo fa, non dalle pagine di un giornale
o dall’assalto di una rivista, ma dalle pieghe di un libro, curato fin nei
minimi dettagli, come è nello stile di FusibiliaLibri.