martedì 30 giugno 2015

Leopardi Giacomo, Poesie e Prose

Giacomo Leopardi è uno dei più grandi poeti italiani della modernità. La sua voce si innalza dal remoto Ottocento per rivolgersi, sempre moderna e attuale, a noi contemporanei. In un certo senso, si potrebbe persino affermare che la poesia italiana di oggi non sarebbe quella che è, senza la grandezza di Leopardi; il che, però, ha portato a considerare come assoluti della poesia, alcuni modi di concepire l’atto poetico che rispondono più a una poetica personale o “socioculturale”.

domenica 21 giugno 2015

Marco Aurelio, Pensieri

Marco Aurelio non ha certo bisogno di presentazioni. Ascoltiamo oggi alcuni dei suoi pensieri, fedeli al concetto più classico di poesia, ovvero alla sua natura di intuizione gnoseologica del vivere e del vissuto. Poco importa se assume la forma di prosa, di pensiero o di aforisma: la forma è solo un modo di manifestarsi del contenuto. Ciò che a me interessa è che dietro la parola si scorga un mondo nascosto, riflesso del nostro, con il quale, però, rimane un dialogo: dopo le avanguardie, la distruzione delle forme tradizionali della poesia, e l’ibridazione delle arti, è anacronistico nonché impraticabile fissare un criterio di distinzione logica tra ciò che è poesia e ciò che non lo è, basandosi solo sul mero aspetto formale o contenutistico del componimento.

“Molti granelli di incenso sullo stesso altare: uno è caduto prima, l’altro dopo; ma, in fondo, non fa alcuna differenza.”
I Pensieri di Marco Aurelio sono una riflessione filosofica che assume i tratti della poesia o del poema in prosa, affine a una certa tradizione orientale da Osho a Mao, passando per Kuang-Tsen; o a certa poesia latinoamericana, soprattutto quella di autori di origine giapponese come il Boliviano Pedro Shimose.

martedì 16 giugno 2015

Toni Alberto, Vivo Così

A differenza di molti miei colleghi, io non penso che la critica letteraria debba essere “a servizio” dell’autore o dell’opera; o almeno, che lo debba essere nella misura in cui questo servizio si esplicita in una mediazione tra l’opera e il pubblico, che avviene attraverso la poetica del critico, il quale non risponde alla domanda “perché un’opera è bella” -visto che i canoni estetici di riferimento sono stati spazzati via dalla Storia - quanto piuttosto alla domanda “perché un’opera è indispensabile oggi”.
In un periodo di sovrapproduzione poetica - tecnica e linguistica - mettere l’accento su alcune questioni è fondamentale per orientarsi nella giungla dell’offerta artistica e culturale, in cui, tutto convive con tutto in una spirale ribassista che pare irrefrenabile.
Più che una critica “di servizio”, o una “sociologia mercantilistica”, la mia vuole essere una critica “di responsabilità”, una critica in questo senso “che brucia” (ricordando una nota antologia di Renzo Paris), in cui il critico stesso rischia e si mette in gioco, davanti agli occhi, - ma soprattutto al giudizio insindacabile - del lettore.
Del resto, amara verità, nel “teatrino” della letteratura vale il vecchio adagio: tutti sono fondamentali, nessuno è indispensabile, neanche i grandi classici, neppure i mostri sacri (basta vedere la polvere sugli scaffali delle biblioteche e le copie invendute, nonostante i prezzi stracciati, sulle bancarelle del modernariato).
Questo è un duro principio di realtà, a cui nessuno si può sottrarre.
Con Alberto Toni, Vivo così, Nomos Edizioni, pp.104, euro 14, vado sul sicuro. 

sabato 6 giugno 2015

Pacini Bernardo, Perfavore Rimanete Nell'Ombra


Pacini Bernardo, Perfavore Rimanete Nell'Ombra (con foto di Valentino Barachini), Origini Edizioni, Livorno, 2015.
In un tempo di dematerializzazione della parola, l’oggetto libro torna di prepotenza sulla scena, e da mero supporto tecnico, fisico, si riappropria della sua materialità e si converte esso stesso in un’opera d’arte. Così come agli albori della modernità, nel medioevo o nell’antichità, la parola poetica non poteva essere scissa dalla voce o dal canto che la declamava; adesso, in un’era di conversione dell’inchiostro in un impulso elettromagnetico, torna a vibrare la matericità della carta. E lo fa con assoluta violenza, svincolando l’opera d’arte dalla riproducibilità tecnica; riproducibilità che, in definitiva, e a posteriori, ha creato più simulacri di quanto all’inizio ci si potesse aspettare, trascinando verso il basso, con un’aspirale deflazionistico, non solo l’industria della cultura (i poeti per loro fortuna, se sono veri poeti, campano di tutto, persino d’aria), ma anche e soprattutto il godimento estetico.